Sarà la mia ANTOLOGIA SPECIALE: un florilegio in cui collezionare poesie che amo, pensieri che entrano nel mio cuore, fotografie dei miei fiori e di quello che più colpisce la mia fantasia....e poi ....vedremo....
Se il mio cuore potesse parlare, quante cose avrebbe da dire, ti narrerebbe di passioni profonde, sentimenti sinceri, perché tu lo sai, egli non sa cosa vuol dire mentire, non conosce ragione, non cerca ricchezza, a lui basta anche solo una languida carezza.
Quello per cui vive, batte e combatte, è qualcosa che va ben oltre ogni illusione. Quello che lui cerca e ricerca con forza incessante, è un sentimento vero, profondo, vibrante, per cui ogni cosa è disposto a sacrificare, per quell'irruenta, incontenibile, voglia d'amare. Voglia d'amare e di essere amato, ma quante volte è stato ingannato, deriso, usato, umiliato, quanto dolore, furore ha provato, quante volte è stato spezzato, molte volte l'ho sentito ferito, ma non l'ho mai visto sconfitto. In lui non c'è posto per il disprezzo, non serba rancore, non brama vendetta, anche se a volte ciò che gli resta è soltanto tanta amarezza.
Tutto questo però non l'ha cambiato, non l'ha inaridito, è sempre rimasto lo stesso, anzi ogni volta il suo pulsare si è fatto più intenso, ed io ho continuato a sentirlo,a seguirlo, perché è dal mio piccolo cuore che scaturisce ogni mio sentimento, senza di esso non esiste emozione. In ogni cosa che penso, che dico o che faccio, in ogni mio singolo gesto, c'è sempre del mio cuore il riflesso. Ah, se lo lasciassi fare, ogni cosa lui saprebbe trasformare, ed ogni mio sogno diverrebbe realtà, e la realtà un sogno bellissimo da cui nessuno mi potrebbe svegliare.
Ah, se il mio cuore potesse parlare, le corde melodiose dei tuoi sentimenti saprebbe far risuonare. Se potessi farti sentire il suono della sua voce che ti sfiora la pelle, che ti sussurra dolci parole, come solo lui sa fare, che lui solo può usare. Quel suo dolce bisbiglio, come il tenero canto d'un usignolo al risveglio del giorno desterebbe il tuo cuore assopito,ed il loro battito diverrebbe uno solo, sommesso, profondo, eppur così forte da far sembrare silenzio tutto ciò che sta intorno. Così potente da far zittire di colpo, tutto l'odio, l'invidia, l'arroganza del mondo. Così penetrante da far risaltare ogni particolare, tanto che basta un sorriso, uno sguardo per farti sognare. Ah, se il mio cuore potesse parlare...
Ti avevo vista una sera, tempo fa, non so dove, e da allora ansioso aspettavo La Notte, gonfia di stelle e di profumi azzurrini, su di me illanguidiva la sua nudità abbagliante e convulsa d’amore! Perdutamente, la Notte apriva le sue costellazioni come vene palpitanti di porpora e d’oro, e tutta la illuminante voluttà del suo sangue colava pel vasto cielo Io stavo, ebbro, in attesa, sotto le tue finestre accese, che fiammeggiavano, sole, nello spazio Immobile, aspettavo il prodigio supremo del tuo amore e l’ineffabile elemosina del tuo sguardo! Poiché sono il mendicante affamato d’Ideale che va lungo le spiagge implorando baci e amore, per nutrirne il suo sogno! Con cupidigia astiosa bramavo i gioielli del cielo per abbellirne la tua nudità di regina e verso di te protendevo i miei sguardi folli, insanguinati nell’ombra come braccia scarnite di moribondo! Tutto parvemi ingigantito dall’ampiezza del sogno! Campane rantolavano nel cielo come bocche mostruose: le bocche, forse, del Destino! Campane invisibili e selvagge sembravano aprirsi su me, nel silenzio, come abissi capovolti! Un gran muro s’ergea davanti a me, implacabile e altero come la disperazione! Aspettavo solo, e migliaia di stelle, di stelle pazze sembravano sprizzare dalle tue finestre, come un vol di faville da una fornace d’oro! L’ombra tua dolce apparve nel cavo dei vetri, simile a un’anima terrorizzata che s’agiti entro pupille agonizzanti, e tu per me divenisti una preda delirante lassù, su la cima estrema delle torri fastose del mio Sogno! L’Amore mio denti lucenti e occhi adunchi brandì con un gran gesto le sue rosse spade e barbaramente salì verso il tuo tragico splendore. Poiché sono il mendicante insaziato che cammina verso il tepore dei seni, verso il languor delle labbra, l’implacabil mendicante che va lungo le spiagge, rubando amore e baci per nutrirne il suo Sogno! S’aprì la notte cupa appié del muro, e tu apparisti, soavemente sbocciata vicino a me, bianca e pura in mezzo alle tenebre, vacillando quasi ai consigli della brezza notturna! E tutto fu abolito intorno a me, e il mio sogno infranse il mondo con un sol colpo d’ala! Certo pensai nei favolosi giardini ove s’esilia l’anima mia chimerici peschi foggiarono la tua carne flessuosa, con la neve odorante dei loro fiori che le sonore dita del vento plasmavano! Io venni a te, tremante e religioso, come in un tempio avanzandomi incerto come in un’umida grotta! A te venni, inciampando a ogni mio timido passo, trattenendo il respiro per non destare il dolor nel passare! Si schiuse il tuo sorriso nella serena acqua del tuo viso, come al cadere placido d’un fiore S’aprì a ventaglio il tuo sorriso fluttuando nel cielo, e fece impallidire il viso impetuoso degli Astri, nel silenzio! Io ti parlavo volubilmente di strane cose, bagnata l’anima di una sgorgante angoscia, e mi pareva di sentirmi avvolto dalla corrente d’un fiume voluttuoso. Avidamente, spiavi tu sul mio labbro l’Anima mia, come un miele dorato! Sentii che il volto mi s’infocava come un castello incendiato, che il nemico saccheggia. Ti parlavo, e i miei pensieri stravolti si riflettevan lontani e vaporosi nella tranquilla acqua del tuo viso!— Tu volesti rispondermi, ma non sapesti che dire. Mi domandasti le mie angosce, i miei timori, poiché mi vedevi tremar sulla soglia come trema un colpevole Ed io simile ero ai vagabondi feriti che vanno rantolando di porta in porta, in cerca di rifugio, tra i pugni alzati delle folle implacabili! Mi parlasti di cose indifferenti! Domandasti della mia vita passata, della mia patria lontana— Volesti sapere il mio nome e tutto ciò che si suol domandare ai viaggiatori stanchi, beventi alle fontane, la sera, quando tutto si fa nero Poiché sono il mendicante affamato d’Ideale che vien non si sa d’onde, e va lungo le spiagge implorando amore e baci, per nutrirne il suo Sogno! Ti seguii fino in fondo alla tua casa; fummo soli, lontani dalle folle umane, sulla soglia dell’Infinito, e sentii la soavità dei crepuscoli sul mare, quando si ripara in un golfo violetto umido di silenzio! Fummo soli, e il mio Sogno al suo Sogno canto: Oh! abbassa languidamente le palpebre sull’errante follia del tuo sguardo. Abbassa le tue palpebre mistiche e lente come ali d’angelo che si chiudano Abbassa le tue palpebre rosee, perché l’agile fiamma dei tuoi occhi vi scivoli come sospiro di luna tra persiane socchiuse. Abbassa le tue palpebre e poi alzale ancora, e potrò smarrirmi alfine nei tuoi occhi, nei tuoi occhi, per sempre, come su laghi assopiti, la sera, tra fogliami placidi e neri! «Sii dolce, poiché il mio cuore trema fra le tue dita— Sii dolce! L’Ombra è attenta a spiare le nostre ebbrezze, e il Silenzio si china e ci accarezza come una madre intenerita Sii dolce! Per la prima volta adoro l’anima mia perdutamente e l‘ammiro perché t’ama così, come una povera pazza! Adoro le mie labbra, poiché le mie labbra ti desiderano La mia anima è tua, la mia anima è sì lontana ed azzurra da sembrarmi straniera! Davanti a te si umilia, la mia anima, qual pecora morente, e s’addormenta, abbrividendo sotto i tuoi fragili piedi come un prato che tutto s’inargenta sotto i passi furtivi della luna «Vieni!— le mie labbra folli attireranno il tuo volto pensoso e i tuoi grandi occhi dolenti verso le spiagge abbagliate del Sogno verso divini arcipelaghi di nuvole! Le mie labbra saranno instancabili come i bardotti che lentamente traggono, nella rosea frescura dei mattini, le grandi barche dalle vele solenni verso lo scintillìo perlato del mar lontano. Ed io non sarò più che il tuo soffio E il mio sangue travolgerà nel suo corso il profumo delle tue labbra, come un fiume a primavera, inebbriato di fiori! Allora la tua bocca rosea s’aprì, fragile conchiglia rombante, per mormorare sinuosamente il delirio dello spazio e il canto febbrile dei mari! Al ritmo della tua voce, il mio cuore si preparò lentamente a salpare verso porti esaltati di sole e verso sfolgoranti isole d’oro Tu mi dicevi ingenuamente che mai nessuno avea così cantato alle porte del tuo cuore che mai nessuno aveva pianto il suo sogno e il suo dolore profumandoti il seno di lagrime! Poiché sono il mendicante che piange e si lamenta, il mendicante affamato d’Ideale che vien non si sa d’onde, e va lungo le spiagge implorando amore e baci per nutrirne il suo Sogno! I tuoi gesti assopenti e vellutati ebbero il carezzevole languore che hanno i remi sopra l’acque brune, a sera L’ora liquida e gemebonda s’increspò abbrividendo. Le nostre voci caddero Ma la Lussuria, ahimè, ci spiava frugando insidiosa nell’ombra la Lussuria ansimante lungo i muri strisciava! Dalla finestra aperta, a quando a quando il vento della notte si rovesciava su di noi, avvolgendo la sua groppa oscena nella porpora delle tende Noi vedemmo la lampada d’oro svenire come una bimba malata tra vaporosi lini, e dolcemente morire! Vedemmo i casti bagliori della lampada inginocchiarsi, venendo meno, lungo i muri, come gli angeli preganti e i nostri sogni s’inchinarono, malinconici e rassegnati, nel silenzio Allora il mio folle desiderio t’apparve sguainato come una spada, e, brancolando sul tuo corpo puro, con un gesto selvaggio violentemente cercai il tepore assorbente della tua bocca. Fuori di noi, in una nera ebrietà, sinistramente ci prendemmo le labbra, come se commettessimo un delitto! Le labbra mie s’accanirono sulle tue, pesantemente, e le nostre bocche ne furono insanguinate come due lance! Con un gesto sublime, tu m’offristi, in delirio, la tua nudità soave come una fiasca di pellegrino, ed io abbeverai la mia sete immensa sul tuo corpo ignudo, fino al delirio, cercandovi l’immenso Oblio Tremante e come pazza di vertigine si chinò la mia Anima sulla tua bellezza radiosa, perdutamente, come sopra un abisso vertiginoso di profumi e di calde luci! I tuoi occhi s’illanguidirono dolcissimamente sotto le rosee palpebre lampante velate di vaporosa seta e, chinato fra i tuoi svolazzanti capelli, io presi alfine la tua Anima, tutta la tua Anima, religiosamente, protese le labbra, come si prende l’ostia consacrata. Quando ripresi il cammino verso la profondità delle livide notti il cuore mio, fattosi nero, ebbe sete, e avidamente io bevvi la nera acqua delle fontane Indi fuggii, precipitando i miei passi, verso l’Ignoto Poiché sono il mendicante che va lungo le spiagge implorando amore e baci, per nutrirne il suo Sogno, con in cuore il terrore di affondare per sempre i suoi piedi sanguinanti nella freschezza carnale delle sabbie, in riva ai mari, in una qualche Sera di stanchezza mortale e di Vuoto infinito!